Introduzione

All'origine del nostro dialetto

Nel contesto storico letterario e in particolare linguistico, il linguaggio è considerato tra le più importanti manifestazioni espressive culturali e sociali dell'intelletto umano acquisite ed elette nel corso dei secoli a corale armonia del vivere insieme, ricchezza virtuale dell'anima dei popoli.

La più grande facoltà che sia stata concessa agli esseri viventi, di partecipare attivamente, in accordo col Principio Antropico, allo svolgersi favorevole dell'evoluzione vitale, allo sviluppo razionale della conoscenza, della sapienza e del razionalismo umano.

Dopo tantissimi anni di transizione trascorsi dall'uomo primitivo dalla preistoria alla protostoria, nei diversi periodi dal bronzo al ferro, che lingua si parlava anticamente sulle nostre alpi, sulle nostre montagne, in pianura padana, prima dell'arrivo dei conquistatori romani?

E' indubbio che sin dai primordi, gli indigeni, nostri abitatori locali avessero un linguaggio con cui comunicare, una pluralità di parlari di difficile e incerta identificazione che secondo gli storici non potevano che essere di origine ligure, greca, etrusca ed enea, residua di iniziali infiltrazioni etniche a macchia, di cui si sono trovate ancora oggi le tracce su lapidi, su monete, in toponimi linguistici e territoriali locali.

Ma prima dei romani, come non accennare anche alla presenza di altre importanti infiltrazioni successive da parte di varie etnie Celte, provenienti da tutta Europa, da ovest, da nord, da est in effetti dalla Spagna agli Urali, rimaste sulle nostre montagne, lungo tutta la cerchia delle alpi, tra cui possiamo ricordare i Liguri, i Taurini, i Salassi, i Leponzi, i Retici, i Carni, i Veneti mentre alcune etnie si erano spinte anche giù verso la pianura padana e come i Libui o Libèri o Libici a Vercelli, i Vertacomacori a Novara, gli Insubri a Milano, senza oltrepassare la linea del Po.

A queste primitive incursioni dal secolo V ? IV ? III ? II e ancora nel I secolo Avanti Cristo, sono seguite altre vere e proprie incessanti invasioni di vaste proporzioni.

Questi stessi popoli pur riconoscendo loro una cultura ornamentale erano ancora molto barbari e brutali che vivevano al di là delle alpi, in gran parte pastori in cerca di nuove terre da coltivare o adibire a pascoli per il bestiame, appartenenti in origine a culture Indo-Orientali, di stirpe Ariana, provenienti gli Osco-Iberici dalla Spagna, i Celti e i Galli dalla Francia, i Sassoni da nord della Germania, spinti a loro volta verso sud da nuove etnie provenienti da est scendono in Italia a ondate successive, raggiungono le regioni settentrionali e in parte quelle centrali, si sovrappongono alle nostre locali popolazioni costringendole con la forza e la violenza a convivere per un lungo periodo di tempo con i loro usi e costumi sino ad amalgamarsi e fondersi anche in un unico linguaggio che gli storici e i linguisti ottocentisti hanno chiamato Gallo-Italico.

Questo eterogeneo idioma, espressione delle nostre e delle loro antiche affinità, è tuttora considerato alla radice di tutte le lingue e i dialetti attuali europei, di cui anche il nostro di Quarta Sopra fa parte.

Col sopraggiungere dei conquistatori romani, ai nostri territori sono stati imposti con forza i loro rustici linguaggi, che in parte hanno modificato le desinenze della nostra naturale lingua esistente da tempo ormai consolidata.

La lingua latina si è insediata e poi mantenuta nel tempo, nel mondo ufficiale, negli uomini colti e letterati, negli atti legali, sulle lapidi, nelle leggi, nelle scuole e nelle altre istituzioni giuridiche.

Ma cessato il predominio romano, dopo la fine dell' Impero, intorno alla fine del 400 dopo Cristo, gli idiomi dei popoli assoggettati, sono ritornati in buona parte anche se parzialmente alterati e modificati ai loro primitivi radicali linguistici tradizionali, specialmente in montagna, dove questi influssi si sono meno sentiti, come infatti risultano ancora oggi presenti nei nostri rispettivi dialetti locali.

Se togliamo le zone di Galliate, Trecate, Romentino, Cameri, Borgomanero, Vigevano ed altri ancora, disposti lungo le sponde del Ticino, che ricordano gli stanziamenti militari delle colonne romane nei cui dialetti emerge spesso il rustico legionario latino, con la forte presenza delle formazioni pronominali enclittiche, tutti i parlari del novarese rivelano un dialetto di base comune, con cui si parlava prima delle anzidette invasioni romane ricche di caratteri glottologigi originali, di quei toni, di quelle inflessioni, di quelle aspirazioni e paletizzazioni nasali con desinenze decisamente celtiche, quei raddoppi finali caratteristici tipici della parlata di Quarta Sotto.

Tutti quanti riflettono le eterogenee influenze dei diversi popoli che si sono stanziati prima dei Romani, nei diversi luoghi creando quelle differenti sfumature di pronunzia fra paese e paese, ancora oggi rilevabile con facile evidenza.

Non pochi toponimi, radicali e desinenze di lemmi di quell'epoca, i più astrusi, i più caratteristici e foneticamente più originali, sono ancora presenti nel fraseggio delle nostre parlate odierne che auspichiamo, nonostante gli involontari inevitabili influssi esterni, si mantengano nel tempo.

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